sabato 29 agosto 2015

IL GIOCOLIERE DI PAROLE (recensione a cura di Massimo Cerri)

La sorpresa che può generare un libro per bambini letto da un adulto è qualcosa di impagabile. È ciò che mi è accaduto sfogliando le pagine de “Il giocoliere di parole” di Alberto Diamanti di cui, mi è stato segnalato,è appena stata pubblicata una nuova edizione da Aracne Editrice.
Un libro che potremmo definire una raccolta di poesie, chesono anchefilastrocche e fiabe allo stesso tempo. Parole in rima che però non sono fini a se stesse, musicalmente orchestrate solo per essere recitate a pappagallo da un nonno al proprio nipotino, da una madre al proprio figlio, ma vere e proprie perle morali atte ad insegnare ai più piccini come dovrebbero funzionare i rapporti tra umani ed umani, tra umani ed animali, tra umani ed ambiente.
“Il giocoliere di parole” è un appellativo che Alberto Diamanti, intitolando questa sua prima raccolta, si è affibbiato automaticamente e scorrendo le pagine ci si accorge di quanto gli calzi a pennello. Un turbinio di versi mai banali o casuali, sempre puntuali con il messaggio che vogliono trasmettere e il segno che vogliono lasciare.
Al giungere dell’ultima filastrocca-poesia-fiaba, quasi spiace che non ce ne sia un’altra, e poi un’altra e un’altra ancora a non finire, come nel gioco delle scatole cinesi. Perché queste venticinque mini-pillole di saggezza, che forse qualcuno potrebbe trovare retoriche, sono invece ognuna una monetina scintillante che avevamo scordato di aver sotterrato nella nostra infanzia. Ed eccole affiorare una ad una, senza nemmeno troppa fatica: il segreto dell’Amicizia, il disprezzo per la guerra, l’accoglienza per il “diverso”,l’importanza di pensare un po’ più agli altri, il rispetto per il creato, la gioia nel privarsi di qualcosa per rendere felice qualcun altro, l’amore per le piccole cose quotidiane che oggi ci sono e domani non possiamo sapere dove andranno a finire.
Alberto Diamanti si è assunto il compito, e non poteva farlo che per suo figlio (ma indirettamente lo ha fatto per tutti coloro che lo leggeranno), di farci ritrovare quei valori sepolti e farci esclamare inconsciamente: “Toh, ecco dov’era finito!”
In fondo, le fiabe servono a ricordare a noi adulti i buonipropositi che avevamo da piccoli e che, in larghissima parte, non abbiamo fattofruttare.
“Il giocoliere di parole” è una raccolta che, lo si sarà già capito, consiglio ai genitori quanto ai figli, perché una società nuova si costruisce non soltanto dai germogli ma soprattutto dalle radici e non ci può essere germoglio se la radice è sterile.
I premi e i riconoscimenti che Alberto Diamanti ha ricevuto per questa sua opera sono talmente numerosi che sarebbe impossibile elencarli qui (vi invito a cercarli, però, per farvi un’idea della serietà di questo suo lavoro).
La nuova edizione de “Il giocoliere di parole” è identica alla prima (che era soltanto un e-book) ma non contiene “La formichina giramondo”,che a sua volta è diventata un libro illustrato a sé stante.

Potete acquistare “Il giocoliere di parole” al link sottostante:

lunedì 2 marzo 2015

INTERVISTA A KEMY CARLISLE

Chi segue il mio blog sa che non ho mai recensito romanzi o fatto interviste ad autori/scrittori. Questa volta però voglio fare un’eccezione perché quando mi capita – raramente – di notare qualche slancio creativo nel piattissimo panorama letterario italiano, lo voglio condividere con chi mi segue per dargli un po’ di quella visibilità che meriterebbe. Tanto perché si sappia che non soltanto gli scrittori che vendono milioni di copie hanno talento – sembra ovvio ad alcuni, ma le tendenze di vendita dimostrano che un lettore finisce sempre per comprare libri scritti da gente che è spesso in TV o che comunque ha già sentito nominare.
Abbiamo anche nel nostro paese scrittori e scrittrici di talento che non sfigurerebbero accanto a scrittori di calibro internazionale ma che pochi conoscono soltanto perché ancora nessun “grande” editore li ha notati, oppure perché il panorama letterario mondiale è già saturo ed è sempre più difficile ritagliarsi il proprio spazio sul mercato.
Voglio quindi presentarvi Kemy Carlisle, autrice ferrarese che ho conosciuto prima come persona che come scrittrice. Credo che valga la pena di conoscerla meglio.
Ciao, Kemy. Grazie per aver accettato la mia intervista.

Ciao Sergio, grazie a te. Sono lusingata di essere stata scelta per questa intervista, risponderò cercando di non deludere la tua stima nei miei confronti.

    Partiamo dall’inizio. Da dove nasce il tuo pseudonimo e perché lo hai scelto?
Il mio nome d’arte, nasce in contemporanea alla stesura del mio primo romanzo ambientato a Londra, città che amo per molti aspetti. Trasformare Camilla Cardi in Kemy Carlisle mi ha conferito un quel certo non so che inglese. Non trovi?!

    Ci vuoi dare brevemente un excursus su ciò che hai pubblicato finora?
Al momento, il mio curriculum d’autrice vanta una breve favola per bambini dal titolo provvisorio “Racky il drago con il raffreddore” che presto verrà illustrata da una collega grafica che ha apprezzato molto l’originalità della mia storia e tre romanzi sul genere romance – fantasy: Loveday, Daisydeiria e Rosethorn. Non sono in alcun modo collegati tra loro, per quanto mi riguarda dilungare una storia vera o inventata che sia, in due o più libri, le si fa perdere di unicità. Gli unici particolari che il accomuna sono la trasposizione di tutte le mie esperienze di vita superate positivamente o negativamente, i momenti d’amore e di dolore vissuti, le persone conosciute e perse, il tutto rimescolato con particolari storici, mitologici e fantastici.

    Tu hai sempre scelto il metodo dell’auto pubblicazione. Ci puoi raccontare il motivo di questa scelta e cosa pensi degli editori in genere?
Self-publishing. Ha un bellissimo suono questa parola.
Penso che gli autori che si auto-producono e che si auto-pubblicano siano quelli che scrivono unicamente per passione e per se stessi, senza curarsi dell’intera community di lettori che ti recensiranno, senza il fine del guadagno e dell’eventuale fama.
È una soddisfazione elevata all’ennesima potenza per l’autore essere artefice di tutte le fasi di produzione del proprio libro. Dall’idea all’impaginazione, dalla progettazione della copertina al formato della stampa. È una scelta che porta più consensi e più critiche, e ti sprona sempre di più.
Personalmente, se ne fossi in grado e avessi i mezzi necessari, procederei anche alla rilegatura!
Gli editori, oggi, parlando dei maggiori livelli editoriali, credo si siano concentrati esclusivamente sul profitto che possono ricavare con la quantità piuttosto che puntare sulle qualità delle proprie pubblicazioni e soprattutto sul valore delle opere che pubblicano.
Comunque non posso negare che, per un autore, assicurare al proprio romanzo il migliore destino editoriale per un introito sia uno scopo logico e legittimo. Al momento non è il mio caso.

    Quale credi sia il tuo scopo come scrittrice e che messaggio vuoi trasmettere con i tuoi romanzi?
Come scrittrice ho sempre declamato che mettere nero su bianco è il modo per conoscere meglio se stessi e aiutare gli altri a conoscerti.
Rileggendo, spesso, ciò che scrivo, rivivo ogni momento che ho vissuto e che è stato importante per me, che mi ha insegnato qualcosa.
Quando scrivo il pubblico non esiste. Non penso a compromessi, a restrizioni, a censure. Non scrivo ciò che il pubblico vuole leggere. Scrivo per emozionarmi, per appassionarmi, per essere coinvolta in modi diversi, per provare sentimenti che non ho mai provato. Scrivere di sé a se stessi è come specchiarsi, misurarsi con la propria vita, domandarsi – sono proprio io? È cosi che voglio essere?

    Da brava sognatrice, quali sono i tuoi progetti futuri e come pensi di realizzarli?
Un progetto attuale è nato da un desiderio che mi sono trascinata dalla prima prova della maturità. All’epoca scelsi il tema di ordine generale, ma mi pentii di non aver scelto il saggio breve. Perciò trovato l’argomento giusto, che mi riguarda da vicino al momento che guarda caso combacia con il mio personaggio animato - letterario preferito, cioè Peter Pan, ho deciso di scriverlo, finalmente. Quando lo avrò ultimato lo pubblicherò sul mio blog http://kemycarlisle.blogspot.it
Ovviamente ho in cantiere anche il quarto romanzo, Cenerére, e ne prevedo l’auto-pubblicazione per il 2016.

    Dove possiamo trovare le tue opere?
I miei tre romanzi, e spero presto anche la favola illustrata, si posso visionare e ordinare sul sito www.ilmiolibro.it è accessibile a tutti, anche ai non scrittori, basta iscriversi al sito, fare login ed ordinare tutti i libri inediti ritenuti interessanti, non solo miei ma di tanti altri autori emergenti, come in una normale libreria online.
E per chi volesse avere le anteprime e seguire le sorti e le news dei romanzi della sottoscritta è il benvenuto sul mio blog.

Grazie per esserti raccontata a me e ai lettori del mio blog. In bocca al lupo per tutto e a presto!






giovedì 15 gennaio 2015

ONESTA' INTELLETTUALE E SCHELETRI NELL'ARMADIO

Il miglior modo per non essere ricattati, neanche moralmente, è quello di non avere scheletri nell'armadio. Io non ne ho, ho sempre le ante spalancate, basta passare e dare un'occhiata dentro. In ciò che dico, in ciò che scrivo.
Ah, se fosse così per tutti, che tranquillo passeggio sarebbe la quotidianità! Niente paure, niente bugie, niente voltafaccia.
Le mie pagine possono essere sfogliate da chiunque. Basta che abbiate la coscienza pulita, altrimenti verrete inceneriti all'istante. Provare per credere!
SB

martedì 18 novembre 2014

ANIMAVIVA (il ventre di Sara) - interviste al regista e al cast

Interviste a me e al cast del mio primo film horror da regista ANIMAVIVA (il ventre di Sara) che potete trovare nel DVD in vendita promozionale a sole 6 Euro. Per info scrivete qui oppure al mio indirizzo mail sergioboffetti@gmail.com
Stay Tuned!


martedì 30 settembre 2014

ANIMAVIVA (il ventre di Sara) - teaser

Ecco a voi il teaser del mio primo film horror da regista:
ANIMAVIVA (il ventre di Sara) in uscita il 31 ottobre 2014.

lunedì 19 maggio 2014

Recensione a "Selvaggia" di Giovanni Garufi Bozza.

È un romanzo che si lascia ricordare dolcemente, questo che segna l’esordio di Giovanni Garufi Bozza. Non uno di quelli che colpiscono come un pugno allo stomaco, o che ti rimangono dentro come una cicatrice, ma comunque uno di quelli che non si fanno dimenticare tanto in fretta. Tutto merito della trama che, incalzante, prosegue senza sosta in questa analisi millimetrica della psiche contorta della protagonista, Martina, e del suo confidente Daniel. Dopo essersi conosciuti alla facoltà di Psicologia, infatti, il ragazzo rimane affascinato dall’algida bellezza di questa biondina che sembra non concedere contatti sociali e umani a nessuno. Trovandosi dopo qualche sera in un locale dark con amici, Daniel conosce per caso una conturbante e libertina brunetta, Selvaggia, la quale tiene un blog di poesie su internet nel quale dà sfogo a tutti i suoi tormenti interiori. È proprio grazie a questo blog che Daniel scopre la sconcertante verità che tiene in piedi poi tutte le fila del romanzo: Martina, il pezzo di ghiaccio, e Selvaggia, la focosa ragazza dark, sono la stessa persona. Qui inizia il conflitto interiore del ragazzo che da una parte è innamorato di Martina e di Selvaggia in ugual misura, dall’altra cerca in tutti i modi di capire dove finisca l’una e inizi l’altra, quale sia il meccanismo che fa scattare in Martina la necessità di travestirsi e diventare un’altra persona per sentirsi accettata e libera. Ciò che fa scervellare Daniel e il lettore stesso, sono i caratteri e gli aspetti diametralmente opposti delle due entità, lo Yin e lo Yang, il bianco e il nero, il ghiaccio e il fuoco, che sembrano coabitare nel medesimo corpo. La prova d’amore a cui Daniel è chiamato sta nel capire quale delle due sia la vera Martina e se ciò che la affligge sia un serio caso di sdoppiamento di personalità oppure semplicemente una maschera necessaria a nascondere un’eccessiva paura a lasciarsi andare, a lasciarsi scoprire.
Le psichi dei protagonisti vengono sondate a fondo durante lo svolgimento della trama e non c’è aspetto di esse che non sia indagato a dovere, con il pregio di non scadere mai nelle banalità o nei luoghi comuni.
Gli aspetti negativi che ho ritrovato sono un paio: il primo è una digressione piuttosto prolissa in cui l'autore si prodiga a descrivere la morte di Papa Giovanni Paolo II che, ipotizzo, forse per Garufi Bozza ha avuto un impatto molto emotivo nella vita reale ma che ha ben poco a che spartire con la trama del romanzo e distoglie l'attenzione per troppe pagine dalla storia dei protagonisti; il secondo è l'eccessiva classicità della stesura, specialmente nei dialoghi. Il registro didascalico e i continui “disse lui”, “rispose lei”, “esclamò lui”, “sentenziò lei” danno un’aria un po’ troppo stucchevole alla narrazione, senza tuttavia intaccare la correttezza sintattica e grammaticale ineccepibili.


Sergio Boffetti